12 aprile 2008

Giappone - Giorno 3: Nagano

In questo bellissimo undicesimo giorno del mese di Aprile dell’Anno del Signore 2008 la sveglia ha suonato verso le Sette. Suonato per modo di dire, visto che non ne ho messo di sveglia e mi sono svegliato più o meno all’ora alla quale avevo previsto alzarmi. Nella cucina/salotto dell’ostello ho incontrato una ragazza giapponese di Tokyo. Se ti stai chiedendo cosa ci fa uno di Tokyo in un ostello, la risposta è semplice: dovendo traslocare da un appartamento a un altro questo è un luogo economico nel quale aspettare che il nuovo alloggio si renda disponibile. Insieme abbiamo discusso un po sulla sua nazione ed I luoghi interessanti da visitare. Da quando sono arrivato in Giappone ho deciso di fare uno sforzo ed usare il poco Giapponese che conosco, a volte mi perdo un po’ perché quando chiedo informazioni nella loro lingua si dilungano in spiegazioni pensando che lo parli correntemente, comunque e’ divertente e sto imparando parole nuove tutti i giorni.
Una volta finito di preparare i bagagli, siamo usciti per andare in stazione. Da li abbiamo preso la metro per 3 fermate fino alla stazione JR (Japan Rail, la compagnia ferroviaria più grande) dove abbiamo preso lo Shinkansen (treno veloce, equivalente all’EuroStar) per Nagano (dove sono stati ospitate le Olimpiadi Invernali). Arrivati alla stazione di Nagano alle 11:20 precise (dopo un viaggio con partenza precisa durato quasi un’ora e mezzo) abbiamo visitato l’ufficio turistico dove una signorina gentilissima (ci aspettavamo diversamente? Dopo aver chiacchierato e scherzato ci ha pure regalato una spillina col logo “Benvenuti in Giappone”) ci ha riempito di depliant, indirizzi e consigli sui luoghi da visitare e raccomandato un ristorante per pranzo dove mangiare Soba (brodo di Miso con spaghetti giapponesi, li fanno freschi qui, è un tipico prodotto locale). Poiché Soba è uno dei miei piatti preferiti giapponesi, abbiamo accolto il suggerimento con abbastanza entusiasmo.
Nagano, situata nella parte centrale delle Alpi Giapponesi, quindi circondata dalle montagne, non e’ di certo una cittadina piccola con oltre un milione di abitanti, ma già si sente la differenza con Tokyo ed ha per tutto ed in tutto l’aria di un paese di montagna, un po’ cresciuto ma affascinante. Lasciati i bagagli alla stazione (gli armadietti sono presenti in tutte le stazioni e non solo; applaudo una nazione che non si lascia incutere del terrorismo), e visitato l’ennesimo distributore di bevande (dove ho preso una bottiglietta di te verde al riso tostato) ci siamo incamminati col minimo indispensabile (macchina fotografica) vero la zona dei templi. La passeggiata (freschina col venticello di montagna) e’ stata di circa due chilometri e ci ha portato attraverso la città. Nota divertente: passando davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento abbiamo visto una maglietta che diceva “University of Irrinois”. Mitico! (per chi non avesse capito: lo stato americano si chiama Illinois ma i giapponesi non sanno pronunciare la lettera L).
I templi che abbiamo visitato sono impressionanti, un lavoro di legno di una cura indescrivibile e decorazioni fatte nei minimi dettagli. Come mio solito mi sono sbizzarrito a fare fotografie da tutti gli angoli (dopotutto questo e’ il motivo principale della visita), anche all’interno dopo aver rimosso, come etichetta richiede, le scarpe (non che non ci sia abituato, anche a Jackson si usa così. Quindi quando verrai a casa mia: le scarpe stanno fuori dalla porta… uomo/donna avvisato/a…)
L a fame (io e Lindsey abbiamo sempre fame quando viaggiamo) ha cominciato a farsi sentire più del solito ed abbiamo trovato il ristorantino (6 tavoli) suggeritoci all’ufficio turistico, situato proprio fuori dai giardini del tempio principale. Il prezzo dei menu completi era alquanto modico per la zona e con $10/6.50 Euro abbiamo mangiato varie cose tra le quali una bella ciottola di Soba con pasta fresca. La cameriera non parlava inglese e il menu era solo in Giapponese, ma da quando siamo entrati a quando siamo usciti, mi sono districato a parlare (con confidenza oserei aggiungere) solo Giapponese. Inoltre mi sta riuscendo ogni giorno un po’ più facile di leggere questa lingua, non capisco sempre quello che leggo, però, come nel caso del menu, mi ha aiutato molto.
Dopo pranzo siamo tornati al tempio principale, dove abbiamo ascoltato un monaco suonare il tamburo: un suono ripetitivo ma melodico che si addiceva abbastanza alla giornata grigia e ventosa (ma senza pioggia). Finita la visita, ci siamo incamminati verso la stazione, fermandoci stavolta in un negozio piuttosto grande di libri, per sfogliarne un paio sul luogo in cui siamo, perlomeno per vedere le foto di posti interessanti da scoprire. Alla stazione, ritirati i bagagli, abbiamo preso lo Shinkansen per Matsumoto (un’ora e mezzo un po’ più a Sud) che è partito con un ritardo di 3 secondi sulla tabella di marcia. Dov’e’ che posso lamentarmi?
Siamo arrivati alla stazione di Matsumoto (precisi, recuperando i 3 secondi) che era già buio dove siamo usciti a cercare il Ryokan che abbiamo prenotato in mattinata. I Ryokan sono alberghi un po’ più rustici con tipo di servizio giapponese, notevolmente orientati verso clientela nativa e turisti che preferiscono vivere la loro vacanza in stile giapponese piuttosto che occidentale. Tanto è che quando ho telefonato per chiedere se c’era posto, la signora (in inglese stavolta) mi ha chiesto se l’accomodazione stile Giapponese ci andava bene. A noi va bene tutto purché non costi una fortuna e questo ci è costato $30/20 Euro a notte. Dopo una camminata non tanto lunga, chiedendo informazioni sull’ubicazione del Ryokan mentre camminavamo (con gente che è scesa in strada ad aiutarci), siamo infine arrivati. Alla reception c’era una signora anziana con un sorriso da nonnina che per qualche ragione oscura ha deciso che capiamo giapponese correntemente, ma ha poi chiamato la signora con la quale avevo parlato al telefono. Entrati in camera, la sorpresa è stata piacevole: oltre ai due letti stile giapponese (materassino per terra) c’e’ anche un tavolo basso con due cuscini su cui sedersi e schienale e il servizio da te. In più sono presenti (oltre a TV e vecchio videoregistratore) due kimono per la notte (ora mi sfugge il nome) e c’e’ pure il bagno con doccia e vasca minuscola (nel quale sono presenti persino spazzolini, dentifricio e rasoi per la barba, cose che nelle nostre nazioni non ti danno nemmeno se spendi 200 euro a notte). Non è una camera enorme ma è perlomeno molto accogliente. Il Ryokan si trova appena fuori dal Castello di Matsumoto, luogo storico e patrimonio culturale internazionale, quindi una zona molto interessante. Siamo usciti a fare una passeggiata e cercare un posto per cenare (ma mangiamo sempre?) ed abbiamo visto un ristorante in una via meno principale pieno di gente. Il menu fuori era solo in Giapponese (perlopiù in Kanji, quindi impossibile da leggere) ma il posto pieno di gente locale ci ha fatto pensare che fosse buono. Ci siamo fatti coraggio e siamo entrati, dove siamo stati accolti con la solita ospitalità giapponese. I tavoli erano in stile giapponese, quindi bassi con cuscini per sedersi in terra. La cameriera ci ha dato un menù con un abbozzo di traduzione in inglese e ci e’ bastato per decidere cosa prendere. Abbiamo ordinato un paio di piatti da dividere: Okonomiyaki (uno dei nostri piatti preferiti , anche se qui lo fanno un po’ diversamente), riso con mini-sardine (veramente piccolissime, non piu’ di un cm e mezzo ciascuna) ed un piatto freddo a base di pollo. La cena e’ stata buona e l’ambiente confortevole (unica nota negativa, alla quale dobbiamo abituarci, e’ che in Giappone e’ permesso fumare quasi ovunque, quindi ci siamo trovati in una saletta con molti fumatori). Nonostante cio’, ne siamo usciti molto contenti, per aver vissuto in prima persona una parte di cultura locale piuttosto che andare nei soliti ristoranti turistici. Una volta tornati in albergo abbiamo messo in uso il servizio da te, facendoci una teiera di te verde, e poi a nanna (erano quasi le 23:00).

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